Le pesche sono tra i frutti estivi più squisiti, dissetanti e benefici, perché ricchi di vitamine e di sali minerali. Coltivare nel proprio frutteto familiare un pesco per autoconsumo consente di gustare il frutto potendolo raccogliere al momento della sua maturazione completa, quando arriva ad essere ancora più dolce.

Le pesche che normalmente si acquistano vengono infatti raccolte con un certo anticipo per esigenze di trasporto e di conservazione, soprattutto se destinate a filiere lunghe. Questo può penalizzare il loro sapore.

frutti del pesco

Coltivare un pesco non è semplicissimo perché si tratta di una specie delicata e facilmente soggetta a malattie, ma con le dovute cure ed attenzioni il raccolto potrà risultare soddisfacente, anche scegliendo soluzioni ecologiche per la concimazione ed evitando l’uso di prodotti chimici per la difendere l’albero dalle avversità.

L’albero di pesche

Il pesco (Prunus persica) fa parte della famiglia delle rosacee e del sottogruppo delle drupacee, così chiamate perché il loro frutto è una drupa. La pianta è un albero di medie dimensioni, che raggiunge al massimo i 7-8 metri di altezza, e quando è in fioritura chiunque lo riconoscerebbe per i suoi fiori rosa, che hanno ispirato anche la nota canzone di Battisti. Al di fuori di questo periodo lo si può riconoscere anche dalle foglie ovali allungate.

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Le pesche convenzionalmente sono suddivise in tre macro categorie:

  • Le pesche vere e proprie, frutti a buccia pelosa.
  • Le nettarine, dette anche noci-pesche o pesche noci, che hanno buccia liscia.
  • Le percoche, particolarmente utilizzate per la trasformazione, benché adatte anche al consumo fresco.

Clima e terreno adatti

Clima necessario alla coltivazione. Il pesco predilige i climi temperati e teme in particolare le gelate tardive primaverili, in quanto quest’albero da frutto va in fioritura precocemente, come il pero e l’albicocco. Alcune varietà di peschi in compenso sono capaci di resistere a temperature invernali molto basse, fino a 10-15 °C sotto lo zero.

Terreno ideale. La pianta, pur mostrando capacità di adattamento, predilige terreni sciolti, non soggetti ai ristagni idrici, perché è sensibile all’asfissia radicale. Il portinnesto utilizzato determina le esigenze in fatto di terreno e l’adattabilità dell’albero. Nei suoli piuttosto calcarei il pesco potrebbe andare incontro a clorosi ferrica, che si manifesta con ingiallimenti delle foglie, dovuti alla difficoltà della pianta ad assorbire il ferro. Un’analisi preliminare del terreno è quindi sicuramente consigliata almeno per gli impianti di pescheti o di frutteti in cui si prevede di inserire molte piante.

Coltivare il pesco in vaso

Coltivare pesche su balconi e terrazze è possibile, a patto che si assicuri alla pianta una buona quantità di terreno. Bisogna quindi metterla in un vaso di dimensioni grandi, visto che lo sviluppo della parte radicale è analogo a quello della sua parte aerea. Col passare degli anni dovremo rinvasare l’alberello in contenitori sempre più grandi, non aspettandoci mai che raggiunga grandi altezze. L’importante è che il substrato di coltivazione sia sciolto e che i fertilizzanti vengano reintegrati spesso, così come l’acqua di irrigazione.

Come piantare il pesco

Per mettere a dimora un pesco si parte generalmente da un alberello di uno o due anni, acquistato da un vivaista e già opportunamente innestato.

Il trapianto. Per il trapianto dell’albero di pesche si deve scavare nel terreno una buca delle dimensioni di almeno 70 x 70x 70 cm, in cui inserire la pianta tenendola ben diritta. La terra di risulta con cui coprire la buca sarà miscelata a letame o compost maturi per la parte che starà sui primi 20-30 cm, nelle quantità di circa 4-5 kg per pianta. Il colletto del pesco deve stare almeno 10 centimetri sopra il livello del suolo, poi bisogna comprimere leggermente la terra per farla aderire bene alle radici e infine irrigare abbondantemente. I momenti adatti per la realizzazione dell’impianto sono l’autunno-inverno prima delle gelate oppure più tardi, poco prima dell’arrivo della primavera. Oltre agli ammendanti di base citati sopra, può rivelarsi utile anche aggiungere un prodotto a base di inoculo di micorrize, particolari funghi che instaurando una simbiosi a livello radicale con le piante, ne stimolano la crescita radicale e offrono anche una certa protezione naturale dai patogeni del suolo.

Il portinnesto. Quando si acquistano le piante di pesco è utile parlare col vivaista per sapere quale portinnesto è stato utilizzato, perché questo ci offre importanti indicazioni sull’adattabilità della pianta al terreno e sul suo sviluppo successivo. Per esempio, un portinnesto franco di seme induce una certa vigoria alla pianta, al contrario di un portinnesto nanizzante.

Sesti di impianto. La giusta distanza tra alberi di pesco varia a seconda della vigoria che ci si può aspettare e dipende dalla varietà piantata, in particolare dal portainnesto. Generalmente le distanze da mantenere sono di 3-4 metri tra una pianta e l’altra sulla fila e di 6-7 metri tra le file. Questo è valido nel caso di impianto di un frutteto, se si prevede di mettere a dimora un solo esemplare di pesco in giardino teniamo comunque una distanza intermedia rispetto a quello che c’è intorno (siepi, muri, altri alberi,..).

Impollinazione del pesco

Il pesco è una specie autofertile, che non richiede tassativamente nel frutteto la presenza di diverse varietà come impollinatori. Il ruolo degli insetti pronubi come le api e i bombi è fondamentale per assicurare la fecondazione, e quindi l’allegagione dei frutti. Per questo è fondamentale evitare l’uso di insetticidi non selettivi nella lotta ai parassiti. Chi fa coltivazione biologica deve stare comunque attento, perché anche prodotti di origine naturale come il piretro possono colpire le api.

La coltivazione nel dettaglio

Irrigazione. Durante i primi 2 o 3 anni di sviluppo l’irrigazione è necessaria, in quanto le radici della pianta non si sono ancora approfondite nel suolo. Il metodo irriguo migliore nel frutteto è quello a goccia, mentre per la frequenza e per la quantità di acqua da distribuire bisogna sempre basarsi sulla piovosità e sulla natura del terreno. In estati particolarmente siccitose conviene fare un’irrigazione di soccorso anche agli alberi di pesco più anziani, sia per ottenere una buona pezzatura delle pesche sia per non compromettere la produzione per l’anno successivo.

Pacciamatura. In zone tendenzialmente siccitose e in assenza di impianto di irrigazione fisso la pacciamatura risulta molto vantaggiosa, soprattutto per gli alberelli messi a dimora da poco. Pacciamando il terreno si mantiene umido più a lungo e si impedisce che le erbe spontanee nascano sottraendo acqua. Un cerchio di paglia bello spesso, del raggio di un metro attorno alla pianta è un’ottima soluzione, o in alternativa un telo plastificato nero.

Concimazione annuale del pesco. Ogni anno è importante concimare dopo la raccolta, per permettere alla pianta l’accumulo di sostanze negli organi di riserva e garantire così una buona produzione di pesche anche per l’anno successivo. Oltre alla dose di compost o stallatico possiamo assicurare alla pianta un buon tenore di potassio con cenere di legna, borlande o solfato di potassio. Il fosforo, potrà essere apportato mediante farine di roccia chiamate fosforiti.

fiori di pesco

Come potare il pesco

Forma della pianta. La forma di allevamento tradizionalmente più utilizzata per il pesco è il vaso. In questo caso il fusto originario della pianta viene tagliato a 60-80 cm da terra al momento dell’impianto. Dopodiché tra i rami sviluppati se ne sceglieranno 3 tra quelli superiori, che saranno le branche principali e che cercheremo di aprire con spaghi e picchetti infissi al terreno. Ciò favorisce un opportuno arieggiamento interno della chioma e ad una buona esposizione alla luce solare garantendo un’ottima maturazione dei frutti.

Potatura. Quando la pianta è a regime si pota ogni anno dopo la raccolta, tagliando i rami presenti nelle porzioni apicali delle tre branche principali, i rami cresciuti troppo in basso e quelli a portamento verticale. Le parti di pianta secche o colpite da qualche patologia vanno sempre recise. Tra le operazioni di potatura invernale c’è l’asportazione dei rami che nell’anno precedente hanno prodotto, con la scelta dei rami misti (con gemme a legno e gemme a fiore) da cui deriveranno i nuovi frutti. Non si tengono tutti: l’albero di pesco tende ad alternare annate produttive ad annate scariche, togliendo si bilancia la sua produttività annua.

La potatura è un argomento che merita una trattazione più ampia, per questo trovate su Orto Da Coltivare un articolo dedicato proprio alla potatura del pesco, se ne consiglia la lettura per ulteriore approfondimento.

Malattie del pesco

Il pesco è una specie piuttosto delicata tra le piante del frutteto e facilmente soggetta a malattie, ma fortunatamente esistono molti prodotti ecologici con cui si può proteggere.

La malattia più frequente è la bolla del pesco, causata da un fungo che provoca delle bollosità sulle foglie e l’aborto dei fiori. La pianta nei casi gravi e non presi per tempo può arrivare anche a defogliarsi.

Il corineo, o vaiolatura, è un’altra malattia crittogamica che si manifesta con piccole tacche rosso- viola circondate da aloni. La foglia poi appare bucherellata in quanto le parti colpite si staccano, mentre sul tronco e i rami si notano fessurazioni da cui esce una sostanza gommosa.

Un’ulteriore patologia è la monilia, che riguarda pesco, ciliegio, albicocco e susino. I frutti colpiti ammuffiscono e infine mummificano.

Il pesco inoltre può essere colpito dall’oidio che causa. come in altre piante dell’orto e del frutteto, la tipica efflorescenza bianca dall’aspetto polveroso.

Quali trattamenti fare

Nel frutteto biologico il punto di partenza per la prevenzione da queste patologie è sempre la scelta di varietà resistenti o per lo meno tolleranti, unitamente all’uso di macerati di piante che stimolano le difese naturali del pesco, come ad esempio l’equiseto. Questi preparati hanno un effetto protettivo blando, che funziona se si è regolari nel somministrarli.

Oltre ai macerati autoprodotti, è interessanti e utile provare con i corroboranti, prodotti commerciali derivanti da materie prime naturali, che potenziano le capacità di autodifesa delle piante dalle avversità biotiche (insetti, funghi, batteri) e abiotiche (troppo caldo, siccità ecc.). L’uso dei corroboranti avviene previa diluizione in acqua alle dosi suggerite sulle confezioni dei prodotti stessi, e irrorazione uniforme sulle chiome. Per essere efficace richiede una certa costanza, partendo presto durante la stagione, in modo da prevenire per tempo insetti e malattie. I corroboranti più noti sono propoli, zeolite, caolino, lecitina di soia.

Se tutte le buone norme preventive e i trattamenti con macerati e/o con i corroboranti non risulta sufficiente a scongiurare il pericolo delle fitopatologie, si può scegliere di ricorrere ad alcuni prodotti ammessi in agricoltura biologica, ovvero i soli che gli agricoltori biologici professionali possono usare per difendere le proprie colture. Anche se si coltiva privatamente, o se si ha un’azienda ma non certificata, è interessante prendere questi come riferimento di base, se si intende coltivare a basso impatto ambientale.

Per esempio, contro monilia, bolla e oidio si può utilizzare il polisolfuro di calcio. Contro la monilia, e anche contro le batteriosi, c’è la possibilità di usare prodotti a base di Bacillus subtilis, derivanti da spore di un bacillo ad effetto fungicida.

I prodotti a base di rame sulle drupacee possono essere invece utilizzati alla totale caduta delle foglie, per trattamenti invernali sulle forme svernanti del fungo.

Prodotti a base di zolfo restano dei punti di riferimento per la difesa dall’oidio, l’importante è leggere sempre bene l’etichetta per dosi e modalità di utilizzo, come del resto bisogna fare per tutti i prodotti fitosanitari. Oltre agli zolfi, contro l’oidio è possibile utilizzare un prodotto fitosanitario a base di olio essenziale di arancio dolce, con cui si possono realizzare fino a 4 trattamenti all’anno.

Per l’uso professionale di tutti questi prodotti, ammessi nella difesa biologica certificata, è richiesto il possesso del patentino, ovvero il certificato all’abilitazione per l’acquisto e l’utilizzo dei prodotti fitosanitari, che si ottiene con la frequentazione di un corso e superamento del relativo esame. I privati possono ancora acquistare alcuni prodotti ancora consentiti per hobbisti, ma è bene che siano comunque informati sull’uso corretto e sui Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) per trattare in sicurezza.

Insetti nel pescheto

Gli insetti che colpiscono il pesco sono soprattutto la mosca della frutta, gli afidi, la Cydia molesta, l’Anarsia, tripidi e la cocciniglia bianca.

Contro tripidi, Cydia e Anarsia si può provare un prodotto a base di Spinosad, derivante da tossine prodotte da un batterio, mentre insetticidi a base di piretro naturale, citato prima, sono registrati per le drupacee contro gli afidi e contro il moscerino dei piccoli frutti, la Drosophyla suzukii, che attacca anche queste piante da frutto. Altrimenti, contro gli afidi e anche contro i tripidi, è possibile realizzare trattamenti con l’azadiractina, principio attivo che deriva dall’olio di neem.

Prodotti a base del fungo entomopatogeno Beauveria bassiana sono utili sul pesco per trattamenti contro la mosca della frutta e anche contro i tripidi.

La cocciniglia invece viene abbattuta dallo stesso polisolfuro di calcio che si utilizza per la bolla, ma nel caso non ci sia la bolla e si dovesse combattere la cocciniglia, si possono realizzare trattamenti con olio minerale.

Altri insetti polifagi, che non risparmiano certo il pesco, citiamo la Popilia japonica e la cimice asiatica, per le quali i rimedi migliori sono le reti antinsetto e la lotta biologica a livello territoriale, come per la cimice asiatica, sta avvenendo grazie ai lanci della vespa samurai.

Dei prodotti fitosanitari menzionati sopra, è importante leggere attentamente le etichette riportate sulle confezioni, quanto a dosi e modalità di utilizzo.

Almeno per gli afidi si può puntare a ridurre i trattamenti, perché loro hanno nell’ambiente vari predatori naturali come crisope e coccinelle a contenerli. Al bisogno, un bel trattamento a base di sapone di Marsiglia o Sapone molle di potassio disciolti in acqua li debella con successo

Per approfondire l’argomento insetti si può leggere l’articolo dedicato ai parassiti del pesco e dell’albicocco, dove si impara a riconoscere e a combattere i principali nemici con metodi biologici.

Raccolta, utilizzo e varietà di pesche

La raccolta delle pesche. Da una pianta di pesco in piena produzione si possono raccogliere fino a 40-50 kg di frutti. Generalmente la raccolta è scalare e dura due settimane, bisogna fare almeno 3 passaggi. Attenzione che la conservabilità dei frutti risulta limitata nel tempo, in particolare cogliendo le pesche ben mature. Per questo motivo chi inserisce nel frutteto più di una pianta può scegliere varietà con diverse tempistiche di maturazione, in modo da assicurarsi un raccolto dilazionato in più tempo possibile. Indicativamente il periodo di raccolta è tra i primi di luglio e fine settembre.

Varietà di pesca. All’interno dei tre grandi gruppi di pesche (pesche, pesche noci e percoche) si contano molte varietà, sia con la polpa bianca sia con la polpa gialla. Tra queste, di recente ha trovato ampia diffusione la pesca piatta, chiamata anche Platicarpa o tabacchiera, molto gradita per il suo alto tenore zuccherino. Tra le pesche più tardive con maturazione a fine agosto citiamo la pesca “Bella di Biviona”, dotata di buona resistenza alle malattie e quindi ottima per la coltivazione biologica, mentre tra quelle che maturano un mese prima figura la “Bella di Cesena” a polpa dolcissima.

Articolo di Sara Petrucci

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