Oggi parliamo di un problema che si verifica spesso nell’orto, in particolare dopo ripetute piogge battenti: la formazione di una compatta crosta superficiale. Se vogliamo coltivare con successo, specialmente con metodo biologico, dovremmo prenderci cura del suolo evitandola.
Questo strato poco traspirante è un vero e proprio nemico delle piante, come vedremo comporta una serie di svantaggi e può mettere in difficoltà le piante orticole, in particolare quelle che crescono sotto terra, come aglio, carote o patate, ma non solo.
La crosta superficiale è negativa anche per i microrganismi utili del suolo, per cui porta a una perdita di fertilità. Come coltivatori possiamo agire sia nel prevenire e limitarne la formazione che nel rimuoverla una volta che si è creata.
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La formazione della crosta
Il terreno si compatta in primo luogo per stimoli esterni, ovvero quando viene compresso. Nelle aiuole dell’orto possiamo assumere che non venga calpestato: una delle prime regole di una buona coltivazione è quella di predisporre i camminamenti e utilizzare solo quelli, senza schiacciare col proprio peso la terra vicina alle piante.
Ci sono però le piogge, in particolare quelle forti, che possono avere un effetto battente arrivando a premere la terra e formando la crosta. Quando poi la terra si secca per via del sole la crosta si indurisce e in certi terreni può risultare uno strato davvero coriaceo. Temporali estivi alternati a sole intenso sono molto efficienti nell’indurire lo strato superficiale del nostro suolo coltivato.
Ci sono tipi di terreno più soggetti a compattazione, in particolare quelli argillosi e poveri di sostanza organica, inoltre una lavorazione troppo fine dello strato superficiale può render più semplice questo fenomeno.
Lo spessore della crosta in genere è tra 0,5 e 1,5 cm, quindi relativamente sottile, ma è sufficiente poco per ostacolare l’ossigenazione e creare i rivolti negativi che ora andiamo ad approfondire.
Sempre parlando di compattamento è bene sapere che può verificarsi anche una compattazione sotto al livello del suolo, si crea in seguito al passaggio di mezzi agricoli come la fresa della motozappa o del motocoltivatore. Questo strato è più infido perché non visibile, ma ugualmente dannoso. Merita un discorso dedicato, il fenomeno lo trovate già descritto su Orto Da Coltivare, si chiama suola di lavorazione.
Perché è negativa
Le piante e molti dei microrganismi utili che vivono nel terreno hanno bisogno di ossigeno, tanto più la crosta è compatta e minore sarà la sua porosità e di conseguenza l’ossigenazione. Il ruolo dei microrganismi è molto importante per la fertilità del suolo: permettono i processi che hanno sede nella rizosfera (ossia nella zona dell’apparato radicale), come approfondito parlando di EM. Quindi possiamo dire che in seguito alla formazione di crosta poco permeabile il terreno inizia a perdere fertilità.
L’asfissia del terreno può inoltre favorire una condizione poco sana della sua umidità interna, questo diventa viatico di muffe e altre malattie delle piante.
Gli effetti sulla pianta, se la crosta è importante, si vedono a occhio, in una crescita stentata e a volte anche nell’appassire dell’arbusto.
La crosta inoltre può essere una barriera fisica, che diventa ostacolo in particolare alle semine degli ortaggi a seme piccolo come ad esempio carote o le varie insalate (lattuga, radicchio,…). Se dopo la semina in campo si verifica una pioggia che crea la crosta i germogli potrebbero non riuscire a spuntare.
Sempre per un effetto di barriera fisica il compattarsi limita la pezzatura di tutti gli ortaggi da radice, bulbo e tubero, quindi coltivando cipolle, patate, finocchi e altre verdure di questa tipologia è fondamentale preoccuparsi di evitarlo e andare a rompere periodicamente un’eventuale incrostamento.
Come evitare la crosta
Abbiamo capito che la crosta è da evitare, nell’orto possiamo farlo in due modi: il più scontato è quello di romperla periodicamente sarchiando con attrezzi appositi, operazione colturale molto importante. La cosa migliore però è procedere anche per prevenzione, andando a creare condizioni per cui il suolo non si compatti.
Rompere la crosta
Per rompere la crosta si può usare la zappa, il sarchiatore o qualunque altro attrezzo che abbia una lama o delle punte. L’importante è farlo senza mettere a repentaglio l’integrità delle piante e delle loro radici. Per questo bisogna operare in superficie. Vale la pena usare attrezzi a manico lungo per fare il grosso della superficie, in modo da non dover piegare la schiena, ma passare ad un piccolo attrezzo manuale quando si arriva vicino alle piante orticole, per poter essere delicati e precisi.
Questo lavoro di sarchiatura permette anche di limitare le erbe spontanee ed è una delle operazioni colturali in assoluto più frequenti da fare nell’orto, salvo dove si impiega pacciamatura oppure dove si coltiva secondo metodi sinergici o di agricoltura naturale. Per i già citati ortaggi da tubero e radice è particolarmente importante, anche il lavoro di rincalzo è un buon modo per rompere la crosta.
Prevenire il compattarsi del suolo
La formazione della crosta dipende in primo luogo dal tipo di terreno, curando la qualità del suolo e migliorandone la struttura grazie all’apporto di sostanze organiche ammendanti. Quando un suolo è molto argilloso posso valutare di apportare sabbia per migliorarlo, in ogni caso vale la pena curare una buona concimazione, che fornisca oltre ai nutrimenti anche sostanza organica (compost, letame, humus).
Una copertura della superficie del suolo con un sottile strato di letame o compost è un metodo diretto per evitare la crosta, possiamo scegliere di attuarlo in periodi in cui le condizioni climatiche favoriscono il problema, con l’accortezza fondamentale di utilizzare solo materia organica ben matura.
La pacciamatura è un altro metodo molto utile a prevenire la compattazione del suolo: proteggendolo per copertura smorza l’effetto battente della pioggia. Se è una pacciamatura organica si degrada col tempo, entrando in relazione col terreno svolge anche l’azione ammendante del già citato strato di compost.
Un metodo meccanico che rende più difficile il formarsi della crosta è una lavorazione più grossolana dello strato superficiale. Non significa lasciare zolle intere, ma semplicemente non rendere polvere il terreno, visto che un suolo reso completamente polveroso se viene compresso si trasforma subito in uno strato omogeneo, se il terreno è strutturato in blocchi più consistenti, senza esagerare, servirà più tempo perché questi vengano disfati e compattati. Per la semina diretta si richiede proprio un suolo affinato, in particolare per quegli ortaggi dal seme molto piccolo. A questo scopo dove un terreno è tendente a compattarsi si consiglia di privilegiare il trapianto, che permette un letto colturale più grossolano.
Bibliografia e approfondimenti
Per saperne di più sulla crosta superficiale e in generale sulla fertilità e sulla cura del suolo posso consigliarvi alcune risorse utili. La prima senza dubbio è il bel gruppo facebook “la cura del suolo”, che una vera e propria miniera di informazioni in proposito. Ci trovate persone appassionate e competenti che tramite scambio di idee ed esperienza producono conoscenze.
La parte sul terreno del libro Orto Biologico di Luca Conte è veramente molto valida, contiene anche un capitolo interessante sulla cura del suolo, consiglio di leggerla.
Sul sito dell’associazione per l’agricoltura biodinamica trovate un lungo articolo di Manfred Klett, tratto da una sua conferenza del 2009, il testo è un po’ lungo ma vale la pena “affrontarlo” per avere un punto di vista particolare su questo argomento e anche per rendersi conto di quante riflessioni biodinamiche siano in generale interessanti per chiunque si occupi di agricoltura.
Giocando in casa invece vi segnalo che su Orto Da Coltivare trovate altri articoli utili per chi volesse approfondire l’argomento terreno. Potete scegliere come buon punto di partenza la pagina generale dedicata al suolo e vi consiglio anche di leggere il testo sui tipi di terreno, per provare a capire com’è il vostro e quali accortezze specifiche dovreste avere nel coltivarlo.
Articolo di Matteo Cereda
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