Chi vuole aprire un’azienda agricola al giorno d’oggi non deve soltanto essere capace di coltivare correttamente per ottenere un raccolto, ma è chiamato anche a conoscere e rispettare le norme e ottemperare a una serie di adempimenti burocratici e fiscali, per potersi presentare in regola sul mercato coi propri prodotti.
L’agricoltura biologica in particolare ha una propria regolamentazione, che la differenzia dall’agricoltura convenzionale e se si vuole ottenere la certificazione di produttore bio è fondamentale sapersi orientare nelle normative.
Entriamo quindi nel merito della normativa relativa all’agricoltura biologica, per conoscere quelle che sono le regole fissate dalle istituzioni europee e nazionali su questo tema. La fonte principale a livello UE è il Regolamento 848/2018,che regola la produzione e l’etichettatura dei prodotti biologici in tutto il territorio dell’Unione Europea. Oltre a questo, sono in vigore altri Regolamenti più specifici, tra cui molto importante è il Reg 1165/2021, che contiene tutti i prodotti e le sostanze che si possono usare nelle produzioni biologiche con relativi elenchi. Per l’Italia è anche fondamentale il DM 229771/2022 dove si trovano, tra le altre cose, le specifiche su come impostare le rotazioni colturali.
Indice dei contenuti
Le principali norme italiane ed europee sul bio
Dato che il campo di applicazione dei Regolamenti è molto vasto, trattiamo in questo articolo solo la parte relativa alla produzione vegetale, proponendo poi un altro articolo per la trasformazione dei prodotti, caso tipico di chi intende produrre sughi, confetture e altre conserve con parte del raccolto.
Lo sforzo di sintesi è enorme ma necessario, perché è impensabile racchiudere tutta la vasta normativa del bio in un articolo, e a chi ha bisogno di conoscere ulteriori dettagli specifici consigliamo di consultare i Regolamenti per intero.
Trovate qui di seguito i riferimenti normativi utili, e per i dettagli si rimanda ai testi completi, scaricabili da internet.
Il regolamento 848/2018
Il Reg 848/2018, è entrato in vigore all’inizio del 2022 abrogando il precedente Reg Ue 834/07. Esso regola il settore delle produzioni biologiche in tutto il territorio dell’Unione Europea e tratta tutti gli aspetti elencati nel cosiddetto “campo di applicazione” già menzionato sopra, e non soltanto la produzione agricola.
Sottolineiamo in questo testo alcuni punti salienti rispetto alla produzione vegetale.
Dopo una lunga serie di “considerando”, di definizioni, obiettivi e di principi generali, il testo entra nel vivo con i principi specifici, e poi con il Capo III si entra nelle “Norme di produzione”.
Qui si legge che sono ancora possibili le produzioni miste, come prevedeva la precedente normativa, ovvero la possibilità di avere un’azienda in parte biologica e in parte convenzionale. A tal proposito si legge, nel punto 7 dell’articolo 9, che “un’azienda può essere suddivisa in unità di produzione chiaramente ed effettivamente distinte per la produzione biologica, in conversione e non biologica, a condizione che per le unità di produzione non biologica:
- per quanto concerne gli animali, siano interessate specie distinte;
- per quanto concerne i vegetali, siano interessate varietà distinte facilmente distinguibili.” Questo significa che in un’azienda possono coesistere, ad esempio una coltivazione bio di zucche e una convenzionale, o un vigneto bio e un altro convenzionale, e così via, a patto che le varietà siano diverse e ben distinguibili anche ad un occhio non esperto. Questa scelta aumenta tuttavia il carico di impegno per gli operatori, i quali:
- tengono i prodotti utilizzati per le unità di produzione biologica e in conversione separati da quelli usati per le unità di produzione non biologica;
- tengono separati i prodotti ottenuti dalle unità di produzione biologica, in conversione e non biologica;
- provvedono a che siano tenute adeguate registrazioni per mostrare l’effettiva separazione delle unità di produzione e dei prodotti.
Norme di produzione vegetale biologica.
L’articolo 12 del Regolamento elenca le norme da adottare per la produzione vegetale e rimanda all’allegato II dello stesso Regolamento. Qui si legge, ad esempio, che è vietata la produzione idroponica, tranne per alcune eccezioni elencate e con relative restrizioni, come la produzione di semi germogliati e le piante di aromatiche e ornamentali vendute in vaso al consumatore finale, ad esempio. Anche gli OGM restano vietati.
Viene specificata poi la necessità di utilizzare sementi o altro materiale di propagazione vegetale biologico, e vi sono in dettaglio tutte le specifiche su come poter chiedere le deroghe nel caso di assenza, sul mercato, di tali prodotti certificati bio.
Per quanto riguarda la gestione del suolo e la fertilizzazione, si legge che “Nella produzione biologica vegetale si impiegano tecniche di lavorazione del suolo e pratiche colturali atte a salvaguardare o ad aumentare il contenuto di sostanza organica del suolo, ad accrescerne la stabilità e la biodiversità, nonché a prevenirne la compattazione e l’erosione“. Viene quindi ribadita l’importanza delle rotazioni, dei sovesci di leguminose, e il ricorso ad effluenti di allevamenti e altra sostanza organica compostata per la concimazione.
La legislazione italiana sul biologico
L’Italia ha emanato il DM 229771/2022, “Disposizioni per l’attuazione del Reg (UE) 848/2018.
Fertilizzare il suolo: cosa usare in agricoltura biologica
I prodotti ammessi per fertilizzare il terreno sono elencati nell’allegato II del Reg 1165/2021, e questi prodotti possono essere impiegati ad integrazione di rotazioni e sovesci, se questi non sono sufficienti a garantire una buona fertilità del suolo.
Nel DM 229771/2022 viene ribadito, come dalla precedente normativa, che il letame deve provenire da un allevamento “non industriale”, ovvero un allevamento in cui gli animali non sono soggetti ad almeno una delle seguenti condizioni (testo ripreso dal DM):
a) gli animali sono tenuti in assenza di luce naturale o in condizioni di illuminazione controllata artificialmente per tutta la durata del loro ciclo di allevamento;b) gli animali sono permanentemente legati o stabulati su pavimentazione esclusivamente grigliata o, in ogni caso, durante tutta la durata del loro ciclo di allevamento non dispongono di una zona di riposo dotata di lettiera vegetale.
È necessaria una dichiarazione scritta del fornitore di letame in cui indica che il suo allevamento non presenta queste caratteristiche. Quindi non dovete per forza acquistare letame proveniente da un allevamento biologico certificato.
Oltre ai classici letame e compost, la normativa ammette anche una serie di prodotti come la farina di sangue, di corna e altri sottoprodotti animali, il sale grezzo di potassio o kainite, e tanti altri fertilizzanti organici e minerali di origine naturale.
Norme per programmare le rotazioni
Il DM sancisce i criteri specifici con i quali programmare le rotazioni. Vi si legge:
La difesa fitosanitaria biologica
La normativa chiarisce e specifica che la difesa da malattie e parassiti che minacciano i vegetali deve primariamente essere gestita tramite la prevenzione.
Bisognerebbe fare ricorso ai prodotti ammessi (elencati nell’allegato I del Reg 1165/2021) quando tutte le misure non siano sufficienti da sole a garantire la protezione delle piante, possibilmente giustificandolo in una relazione agronomica o altro documento equivalente.
Il decreto del ministero dell’agricoltura italiano DM contiene, nell’allegato II, una tabella dei prodotti usabili come corroboranti o stimolatori delle difese naturali delle piante nella quale troviamo, ad esempio:
- propoli,
- polvere di pietra o roccia,
- lecitina,
- bicarbonato di sodio,
- gel di silice,
- preparati biodinamici
- oli vegetali
- aceto
- sapone molle
- calce viva ecc.
Se andiamo a visionare l’allegato I del Reg 1165/2021 vi troviamo elencati prodotti come l’Azadiractina (olio di neem), i feromoni per le trappole, gli oli vegetali, le piretrine e vari altri ancora.
Certificazione e controlli
Il capo V del Reg 848/2018 è dedicato alla certificazione, e tra le novità che si trovano, rispetto alla normativa precedente, vi è la possibilità della certificazione di gruppo, un’ottima opportunità per i piccoli produttori (art. 35).
Il capo VI si concentra sul tema dei Controlli.
Ogni operatore certificato è soggetto ai controlli da parte del proprio Organismo di controllo relativo alla certificazione biologica, ma in azienda sono sempre possibili ulteriori visite da parte del ICQRF (Ispettorato Centrale della tutela della Qualità e Repressione Frodi), dalla Asl e dal Ministero.
Gli operatori biologici, non solo i produttori ma anche i trasformatori, hanno tutti un Codice Operatore attribuito dall’Organismo di controllo dall’inizio dell’attività certificata.
Ricordiamo che per avviare la certificazione è necessaria la presentazione della notifica per via telematica e che da quel momento si è assoggettati al rispetto della normativa, anche per tutto il periodo di conversione.
Un’azienda agricola riceve almeno una visita ispettiva all’anno programmata, a cui se ne possono aggiungere altre programmate (a seconda della complessità aziendale e della sua classe di rischio) o anche a sorpresa, ovvero annunciate solo 48 ore prima.
Che cosa fa l’ispettore dell’organismo di controllo
Durante la visita vengono controllati:
- I terreni e gli eventuali confini a rischio (confini con un agricoltore convenzionale o con una strada particolarmente trafficata, ad esempio).
- Vengono verificate le dichiarazioni del PAP (Programma Annuale delle Produzioni).
- Il Piano di Gestione vegetale, che deve essere aggiornato.
- I registri colturali e dei trattamenti.
- Le fatture e ddt di acquisto e di vendita.
- L’elenco dei fornitori aggiornato.
- Le giacenze di prodotti (concimi, semi, prodotti per la difesa)
Se qualcosa non fosse corretto, non aggiornato o non corrispondente, l’ispettore può emettere una diffida dovuta ad una “non conformità”.
Degli esempi tipici di non conformità sono: l’uso di sementi non biologiche senza aver chiesto la deroga, la mancata compilazione del PAP annuale entro il 31 gennaio (o entro la data di proroga) o la sua compilazione non corretta, la dicitura incompleta nelle fatture in merito alla certificazione bio,…
Se un vostro fornitore vi invia una fattura senza aver inserito le diciture corrette in riferimento al biologico, dal momento del vostro controllo in accettazione della merce il suo errore diventa una responsabilità anche vostra. È bene controllare sempre tutti i documenti accompagnatori, e se vi risultano incompleti, dovete farli correggere per tempo ai vostri fornitori.
Ricevuta una diffida da parte dell’Organismo di controllo, bisogna rispondere con una proposta di Azione Correttiva, entro un tempo oltre il quale scatta la Diffida ultimativa, che se passa inosservata anch’essa dopo l’ulteriore lasso di tempo stabilito, può portare alla sospensione dal regime biologico per un periodo.
Con una certa frequenza gli ispettori eseguono anche dei prelievi a campione (di suolo, parti di piante ecc) per sottoporli ad analisi di verifica in laboratori specializzati.
Commercializzare i prodotti vegetali
Un’azienda agricola che fa produzione vegetale e che intende vendere i propri prodotti come biologici deve essere in possesso del Certificato, che contiene anche la lista di tutte le referenze che l’azienda può vendere, e ha una scadenza, per cui deve essere periodicamente rinnovato. Il primo Certificato si ottiene al termine del periodo di conversione, mentre prima non è possibile vendere i prodotti come bio.
Sul ddt e la fattura di vendita, se il cliente è sua volta un operatore (per esempio un trasformatore o un dettagliante), bisogna sempre mettergli le diciture di riferimento alla certificazione bio, esempio: “Prodotto biologico conforme al Reg 848/2018, codice Operatore IT BIO xxxxx, Certificato n xxxx, scadenza il xx/xx/xxxx”.
Articolo di Sara Petrucci
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