Si può coltivare l’orto con pochissima acqua a disposizione?

Siamo abituati a pensare agli orti con terreni fertili e una disponibilità di risorse idriche abbondanti, che permettono di irrigare al minimo bisogno, ma la natura ha risorse per crescere rigogliosa anche in condizioni difficili, se sappiamo mettere in atto le giuste pratiche agricole possiamo aiutarla e ottenere raccolti anche in zone aride, partendo da un suolo povero.

coltivare senza acqua

La condizione climatica preoccupante e le cattive pratiche dell’agricoltura convenzionale stanno aumentando la superficie dei deserti. Per fortuna possiamo intervenire per rigenerare i terreni e risanare il nostro piccolo angolo coltivato.

In questo articolo vedremo tecniche di aridocoltura, imparando una serie di trucchi molto pratici per coltivare senz’acqua o quasi, con metodi completamente naturali e biologici. Questi metodi completamente naturali sono frutto dell’esperienza reale del progetto Fruiting The Desert, con cui sto portando avanti con successo una coltivazione nel nord del Senegal, una zona desertica dove piove solo 3 mesi all’anno.

Segnalo anche l’articolo in cui racconto 5 esperienze di aridocoltura in giro per il mondo, che dimostrano come sia possibile rinverdire terreni diversificati.

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Cos’è l’aridocoltura

Con il termine aridocoltura indichiamo l’insieme di pratiche agricole adatte ai climi aridi e a suoli degradati.

Alcune di queste pratiche sono antiche e si possono osservare nelle oasi millenarie del Marocco. Grazie alle conoscenze agronomiche moderne è possibile capire precisamente come funziona l’eco-sistema di questi paradisi verde e rigenerare i suoli ovunque nel mondo.

Le buone pratiche spiegate sono impiegate per coltivare il deserto, ma contengono tantissimi spunti validi da importare anche nei propri orti per ridurre il fabbisogno d’acqua, con minor spreco di una preziosa risorsa e anche minor lavoro per il coltivatore.

A questa prima introduzione seguiranno altri articoli per approfondire i diversi tipi di terreno e anche imparare insieme da esperienze reali di aridocoltura. Ma ora cominciamo subito!

Come si formano i deserti

Per comprendere la desertificazione possiamo guardare cosa succede in nord Africa e già capire tanto. Non abbiamo qui il tempo di scendere nel dettaglio, quindi spero che il lettore più informato delle bellissime e innumerevoli culture Africane perdonerà la semplificazione.

In Senegal fino a qualche decina di anni fa i Peul erano un popolo di allevatori nomadi. Seguivano le piogge per far pascolare le loro mandrie, attraversavano quasi l’intero nord Africa. Il modo tradizionale di badare alla propria mandria è sempre stato seguire il naturale spostamento degli animali, orientandoli verso punti d’acqua conosciuti da generazioni.

Oggi i Peul e i loro animali sono vincolati a essere sedentari, nel mondo moderno leggi e confini non permettono il loro essere nomadi . Gli animali sono ancora lasciati “liberi”, ma solo attorno alle abitazioni. Quindi brucano in continuo lo stesso pascolo riducendolo a un terreno spoglio e compatto, senza un filo di erba, un arbusto o un albero.

Un terreno nudo, privo di vegetazione, crea correnti di aria calda che allontanano le nuvole, mentre un terreno coperto di piante verdi, erbe e alberi, attira le piogge. Il ciclo delle piogge può essere virtuoso come vizioso, dipende tutto da noi umani.

Con un’ottica più globale osserviamo anche il ruolo fondamentale di erbe e piante nel sequestrare C02, facendo argine al riscaldamento globale che oggi preoccupa. Non dimentichiamo il ruolo dell’uomo in questa desertificazione che è allo stesso tempo causa ed effetto del cambiamento climatico. L’agricoltura può sia aggravare il problema, se ha un approccio di sfruttamento del suolo, che diventare motore di cambiamento, con un approccio rigenerativo.

I pascoli dell’Africa, una volta naturalmente fertili, sono oggi deserti. Una corretta gestione delle mandrie con il metodo del pascolo razionale (metodo nato in Africa), permette di nuovo una simbiosi fra uomini, animali e la natura.

La natura si rigenera da sola

Anche in questo capitolo semplifichiamo un poco le cose, per capire meglio come funziona.

Una volta alghe, le piante terresti hanno conquistato la terra circa 400 milioni di anni fa. Il suolo dei nostri campi è il risultato della loro decomposizione.
Infatti quello che chiamiamo “terra” è un insieme di elementi in constante ciclo, tramite fasi di nascita, morte e decomposizione che permette di nutrire altre forme di vita.

Nel suolo i microrganismi decompongono le piante, una lunghissima catena di essere viventi microscopici e di insetti è in perenne attività, impegnata nel nutrirsi uno dell’altro. Questo miscuglio di vita e di elementi minerali, provenienti della decomposizione delle rocce, forma il suolo.

Grazie a fenomeni spontanei naturali, serve solo un po’ di acqua piovana per far crescere erba in un deserto. Queste prime erbe vivono pochi mesi, prima di produrre semi e seccarsi. Se le piogge sono frequenti allora altra erba ricrescerà. Nel passare degli anni il terreno diventa leggermente più fertile, finché cresceranno spontaneamente degli arbusti.

Gli arbusti sono piante molto più resistenti dell’erba, in grado di vivere per più anni. Grazie all’humus creato dalla decomposizione delle loro foglie e dei rami secchi si crea un terreno sufficientemente fertile per cresce alberi. Se volete sapere di questi cicli naturali più nel dettaglio scrivetemi pure nei commenti, li leggo tutti.

Questa semplice successione di piante, insieme a piogge regolari, permette alla natura di trasformare deserti in foreste vergini, con il passare di secoli.

È facilissimo ispirarsi a questi fenomeni spontanei, applicandoli negli nostri orti e frutteti per far crescere piante anche in condizioni aride e poco fertile. Vi spiegò subito come faccio concretamente.

Coltivare l’orto senza acqua

Ovviamente non è possibile coltivare l’orto senza un minimo di acqua, possiamo pero usarne molto poca.

Nei deserti gli orti devono essere di piccole dimensioni e mai superare 1000 mq. La primissima cosa da fare è limitare l’evaporazione, perché sole e vento asciugano il suolo!

Preferisco sempre coltivare bene un appezzamento piccolo, che male uno più grande. Per questo pianto miei ortaggi sotto agli alberi da frutto. Trapianto e semino molto ravvicinato seguendo i principi dell’orto bio-intensivo.

Scopriamo nel dettaglio:

Pacciamatura e cover crops

pacciamatura

Possiamo pacciamare con qualsiasi materiale presente in abbondanza: paglia, fieno, cartone, sassi, ramaglie. Coprire il suolo di un materiale organico è l’ideale.

Metto un strato di minimo 20cm di spessore, cosi l’acqua dell’annaffiatura e della rugiada non evapora più. Pacciamare permette anche di proteggere i microrganismi e rende il suolo più morbido.

Dobbiamo fare attenzione, però che un terreno pacciamato senza piante si compatta.

Altrimenti copro il suolo sotto alle piante con colture di copertura, un prato di erbe od ortaggi, una pacciamatura viva! Uso spesso: Carpobrotus edulis, Sphagneticola trilobata, Lantana camara.

Ombreggiare

L’ombra permette di limitare l’evaporazione fogliare e lo stress idrico. L’ombra di una pianta viva umidifica l’aria.

Per questo pianto quindi siepi di alberi e arbusti fertilizzanti tutto attorno al campo, per riparare dal vento e creare ombra, oltre che per servire da foraggio per i miei animali.

Per fare qualche esempio Prosopis juliflora, Gliricidia sepium, Albizia lebbeck, Leuceaena leucocephala, Allocasurina torulosa sono alberi fertilizzanti. In generale li semino direttamente nel campo e non li annaffio mai.

Coltivare il suolo e non le piante

Sono i microrganismi stessi ad aver la maggior capacità di trattenere l’acqua attorno a loro. Aumentare dell’1% la materia organica del suolo permette di raccogliere fino a 150 metri cubi di acqua per ettaro.

Per velocizzare il processo niente di meglio che aiutarsi con un termo compost.

Il frutteto senza acqua

alberi da frutto senza acqua

Come per l’orto, il frutteto avrà bisogno di un minimo di acqua. In particolare nei primi anni di vita in cui la giovane piantina deve radicare. Nel nord del Senegal le piogge diventano sufficienti per permettere la crescita degli alberi da frutto 5-7 anni dopo il trapianto. In Italia possiamo aspettarci anche un periodo inferiore.

Per crescere alberi autosufficienti in acqua dobbiamo essere attenti a qualche dettaglio. Le piantine devono:

  • Nascere da seme direttamente in loco.
  • In alternativa devono essere trapiantate quando hanno meno di 1 anno. Alberi più vecchi tendono ad avere le radici arrotolate su se stesse. Questi alberi non riusciranno mai a crescere radici lunghe e andare a reperire l’acqua in profondità.

Trapianto alberi solo durante il periodo delle piogge e solo di sera, dopo il caldo del giorno. Scavo un buco, metto nel fondo del biochar attivato, poi trapianto normalmente. Aggiungo uno strato di 20cm di lettiera degli animali. Annaffio immediatamente ogni pianta con acqua e microrganismi: pasta madre, siero di latte, bio-fertilizzante… Tutto fa brodo!

Controllo ogni giorno l’umidità del suolo sotto alla pacciamatura. Annaffio al bisogno. La pianta deve imparare che l’acqua si trova sotto alle sue radici.

Una volta al mese irroro le foglie con un bio-fertilizzante autoprodotto, in un altro articolo vi ho scritto la ricetta.

coltivazioni nel deserto

Gli alberi da frutto piantati in Senegal con questo accorgimento sono cresciuti rapidamente: in soli 7 mesi sono più che raddoppiati. Il suolo dove coltivo è 100% sabbia e non contiene materia organica.

Faccio pascolare gli animali fra le file di alberi, diversamente semino colture fertilizzanti ,oppure coltivo cereali e legumi fra le file.

Coltiviamo i deserti

Coltivare nei deserti è molto piacevole. Sono climi molto potenti e ambienti che si degradano facilmente e velocemente, ma che al tempo stesso possiamo anche rigenerare in poco tempo.

Nei prossimi articoli vedremmo come coltivare nei deserti con terreni sabbiosi, con terreni argillosi e poi scopriremo insieme qualche esempio concreto di aridocoltura. Fammi sapere della tua esperienza, ti aspetto nei commenti.

Articolo di Emile Jacquet.

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