Sicuramente Masanobu Fukuoka è un punto di riferimento fondamentale per chiunque si approcci alla coltivazione con metodi naturali, ne abbiamo già scritto su Orto Da Coltivare (vedi l’articolo di Giorgio Avanzo). Ho chiesto a Gian Carlo Cappello di raccontarci qualcosa sul pensiero di Fukuoka, anche in rapporto con il “non-metodo” di Coltivazione Elementare sviluppato da Gian Carlo. Buona lettura!

cappello legge fukuokaIntorno ai miei 27 anni (classe ‘57) con la lettura dell’intervista di Larry Korn a Fukuoka pubblicata come libro negli anni ‘70 (‘80 in Italia) col titolo “La Rivoluzione del Filo di Paglia”, iniziai a cambiare visione dell’agricoltura. Una sola lettura non mi è stata sufficiente per comprendere quella sua filosofia e quel suo modo di coltivare apparentemente semplici.

Prima di lui nessuno al mondo aveva mai coltivato cereali e agrumi come li coltivava Fukuoka. Dopo di lui nessuno ha proseguito nell’adottare quelle pratiche, neppure i figli nella sua stessa azienda; non una delle innumerevoli comunità intenzionali, ecovillaggi, vicinati, orti sociali e neppure una sola azienda agricola biologica al mondo ne ha seguito e ne segue strettamente l’esempio sul campo.

Cosa è rimasto del metodo Fukuoka

Come anticipato dopo Fukuoka non c’è stato nessuno che ha seguito il suo metodo: non una delle innumerevoli comunità intenzionali, ecovillaggi, vicinati, orti sociali e neppure una sola azienda agricola biologica al mondo ne ha seguito e ne segue strettamente l’esempio sul campo.

Il suo discepolo Panos Manikis, che pure ha lavorato per anni fianco a fianco con lui sull’isola di Shikoku in Giappone, coltiva tutt’ora in Grecia ispirandosi a lui, ma le differenze sono abissali. Una curiosità: anche Osho lo menzionò con ammirazione in un suo scritto, ma le migliaia di suoi discepoli nella comunità ora abbandonata di Wasco County, Oregon, e in quella tutt’ora esistente a Pune in India non coltivarono e non coltivano la terra secondo le pratiche ormai comunemente definite, usando l’idiomismo coniato da Fukuoka, del “non fare”.

Malgrado tutto l’influenza della filosofia fukuokiana sulle scelte di chi coltiva secondo principi genericamente “biologici” resta determinante, anche in un campo nel quale Fukuoka non ha sperimentato significativamente: l’orticoltura.

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La filosofia e la pratica di Fukuoka devono la propria notorietà in Italia grazie alle edizioni “I Quaderni di Ontignano ” (poi LEF), cioè alla forte volontà del nobile fiorentino Giannozzo Pucci – fondatore tra l’altro di quella casa editrice – che lo ospitò in Italia per un ciclo di incontri nel 1981 (le sbobinature di quegli eventi sono raccolte nel libro “Lezioni italiane”).

L’evoluzione del pensiero di Fukuoka

Ne “La Rivoluzione del Filo di Paglia” la descrizione del suo metodo di coltivazione in senso stretto occupa poche pagine, ma dalla filosofia che lì si trova espressa si aprono veri e propri squarci sulle infinite possibilità alternative rispetto all’agricoltura definita convenzionale, cioè storicamente faticosa per il coltivatore e oggi disastrosa per l’intero Pianeta con l’avvento delle tecnologie moderne.

L’apporto originale del pensiero radicale di Fukuoka amplia in maniera esponenziale il mix del retaggio della cultura orientale e dell’aria nuova sopraggiunta prima di lui in occidente con Rudolf Steiner: per dare consistenza alla spiritualità di quella dottrina e a quella filosofia di base esoterica serviva evidentemente la concretezza del Contadino.

Per enfatizzare i concetti aggiungerò qualche maiuscola: in Fukuoka la Natura è il Centro di Tutto che espandendosi in ogni direzione, o forse senza direzione, comprende il Tutto, comunque un’Entità al di là della nostra capacità di comprensione, un luogo non di lotta ma di interdipendenza tra tutte le componenti, dove l’intervento del razionalismo umano può rappresentare tutt’al più un’alterazione momentanea, sempre distruttiva.

Contrariamente alla ricercatezza espressiva degli intellettuali di tutti i tempi, in Fukuoka la lettura dei concetti filosofici più estremi diventa semplice e può essere accettata come un traguardo di indiscutibile buonsenso: un punto di arrivo dal quale proseguire sulla strada della revisione dei preconcetti incancreniti in migliaia d’anni di teoria e di pratica agricola.

Quella sorgente di idee, che sgorga dal flusso di un pensiero più antico occultato dagli interessi economici gravanti sull’agricoltura, irrora la maggioranza delle scuole di pensiero agricolo biologico oggi conosciute, compresa la Coltivazione Elementare, dove la rivoluzione del filo di …fieno procede senza compromessi oltre il sentiero tracciato da Fukuoka.

Il nucleo centrale della pratica fukuokiana è la non lavorazione della terra, né all’inizio né in corso di coltivazione; questo è il punto più disatteso, ma non l’unico, dalle successive metodologie biologiche dove la terra subisce lavorazioni e alterazioni più o meno invasive, dove attività in realtà biocide vengono affidate a sostanze di origine non chimica, ma neppure sempre: lo stesso Fukuoka affrontava (…sconsigliando agli altri di farlo!) la cocciniglia irrorando le piante con olio motore. Lo stesso possiamo dire per le pratiche di concimazione, dannose e non necessarie, adottate da Fukuoka con lo spargimento di “pollina” proveniente dal suo allevamento: Fukuoka non era vegano e neppure vegetariano.

Un’altra curiosità: nella molteplicità delle sue pratiche di grande interesse un aspetto secondario, se non irrilevante, ha riscontrato il maggior successo in Italia, sino a giungere inalterato ai giorni nostri dopo essere stato ben presto abbandonato in ogni altra parte del mondo: la preparazione delle “seed-balls”, palline di argilla (talvolta con anche letame o compost aggiunto nella mescola) contenenti i semi e sparse nel terreno. Ma questo non è un blog di psicologia, quindi vado oltre.

lettura di La rivoluzione del filo di paglia

Fukuoka e la Coltivazione Elementare

Dove ci porta l’evoluzione della saggezza contenuta nel Fukuoka-pensiero? Il rispetto non selettivo di ogni singola apparenza – ma anche per tutto ciò che con la nostra mente definiamo non tangibile – è di fatto un rispetto integrale per ogni singolo elemento della Natura.

In quest’ottica post-fukuokiana si definisce definitivamente l’incongruità del lavorare la terra, di somministrare sostanze di qualsiasi origine – acqua in eccesso compresa – in grado di alterarne i processi energetici e materiali, di forzare la sottrazione alla vita di qualsiasi essere animale o vegetale, compreso ciò che sino ad ora è stato ritenuto “infestante” o “parassitario”. Il tutto è già perfetto e resta tale per noi nel momento in cui lo accettiamo senza alterarlo, accettando quindi di farne parte oltre gli schemi delle gerarchie darwiniane.

L’applicazione pratica di questo nuovo percorso, che definisco Coltivazione Elementare, è per me il risultato ultimo dell’evoluzione della filosofia delineata da Fukuoka.

La Coltivazione Elementare è un non-metodo nel quale ognuno è già in grado di operare da subito in quanto parte del Tutto, senza altra qualità se non la propria specificità genetica e poi l’esperienza non influenzata, prima tramandata e poi acquisita, che diventa la via maestra da percorrere consapevolmente per risolvere con estemporaneità creativa le difficoltà che via via si presentano, immersi in una Natura dove troviamo cibo e benessere.

Articolo di Gian Carlo Cappello

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