Ci sono tanti modi per gestire un frutteto, in agricoltura biologica si sceglie in genere di non lasciare il suolo nudo, ma piuttosto di adottare colture di copertura, oppure di lasciar crescere piante spontanee.

L’inerbimento è una pratica che consiste nel mantenere un cotico erboso negli spazi tra i filari delle piante da frutto e lungo le singole file. Il metodo sta riscuotendo sempre più consensi nella gestione dei frutteti perché ha dei buoni risvolti ecologici e pratici, e inoltre può essere gestito in modi diversi, a seconda delle situazioni.

inerbimento del frutteto

Vediamo perché ha senso adottare l’inerbimento controllato, quali vantaggi comporta, i suoi limiti e come applicarlo in modo conveniente in frutteti e vigneti di varie dimensioni.

Perché l’inerbimento nel frutteto

L’inerbimento è la tecnica contrapposta alla lavorazione meccanica tra i filari che lascia il terreno nudo e smosso.

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Un terreno nudo, anche se rende più facile lo spandimento degli ammendanti e dei concimi, resta esposto a tutti gli agenti atmosferici, a lungo andare si impoverisce di sostanza organica e di vita microbica. Inoltre, nelle condizioni di pendenza è anche soggetto all’erosione, ovvero a quel fenomeno per cui le particelle di terra vengono portate a valle dall’acqua di pioggia, che forma dei rigagnoli sul suolo.

L’inerbimento, quindi, è una pratica ecologica nei confronti dell’ecosistema suolo ed è particolarmente indicata nell’ottica di un frutteto coltivato con metodi biologici.

Vantaggi dell’inerbimento

Vediamo nel dettaglio quali sono i vantaggi della pratica dell’inerbimento:

  • Mantenimento e incremento del contenuto di sostanza organica del terreno;
  • Mantenimento della vita microbica;
  • Maggiore accessibilità al terreno a piedi e con le macchine, aspetto evidente soprattutto nei momenti difficili, come dopo una pioggia abbondante;
  • Maggiore biodiversità: aumentano sia i microrganismi del suolo, sia gli insetti che trovano cibo e riparo nelle essenze erbacee e nelle loro fioriture;
  • Mantenimento della struttura del suolo, con minori compattamenti e ristagni idrici. Le radici fitte di tutte queste essenze, infatti, contribuiscono a mantenere poroso e strutturato il terreno;
  • Riduzione dei fenomeni erosivi;
  • Miglioramento dell’infiltrazione dell’acqua piovana e quindi migliore accumulo delle riserve idriche del terreno;
  • Minore escursione termica, ovvero gli sbalzi di temperatura tra giorno e notte.

Difficoltà legate all’inerbimento: come ovviarle

Uno dei maggiori limiti all’applicazione dell’inerbimento è relativo alla richiesta di acqua da parte delle specie erbacee, e quindi ad una loro competizione con le piante da frutto, soprattutto nella loro fase post trapianto e giovanile.

Questo svantaggio è percepito soprattutto nelle zone siccitose e dove non ci sono possibilità di irrigare.

La scelta di praticarlo o meno deve essere ben ponderata, e in alcuni casi si possono fare delle scelte adattate, come le seguenti:

  • Pacciamatura attorno alle piante, anche più larga ed abbondante del solito, e inerbimento solo negli spazi lontani dalle radici, magari scegliendo soltanto delle graminacee, che hanno minori esigenze idriche, o lasciando che si sviluppino naturalmente quelle essenze che resistono alla siccità e sono adattate a quel determinato ambiente.
  • Sovesci: seminare le specie da sovescio in autunno e sfruttare così le piogge autunno-invernali offre una copertura del suolo proprio nel periodo in cui questa è più utile. A primavera sarà possibile poi falciare e interrare tutta la biomassa, prima che arrivi il periodo siccitoso. Il sovescio di per sé incrementa le riserve idriche del suolo, e quindi aiuta nelle situazioni di scarse disponibilità.

Tipi di inerbimento: spontaneo o programmato

Vale la pena chiedersi se si debba lasciare crescere semplicemente l’erba che nasce da sola o se si debba seminare dei miscugli di essenze con determinate caratteristiche.

Da un lato le essenze che si sviluppano spontaneamente in luogo sono proprio quelle più adatte a crescere in quelle determinate situazioni di clima a terreno, però dall’altro lato un inerbimento programmato può risultare ottimale per obiettivi specifici.

Inerbimento programmato

La scelta di seminare delle essenze specifiche tra i filari del frutteto, che possiamo chiamare colture di copertura (cover crops), è giustificata da alcune esigenze, quali:

  • La resistenza al calpestamento: questa è una caratteristica che le specie erbacee devono avere soprattutto nei frutteti o nei vigneti professionali, nei quali si passa tra i filari con i macchinari per la raccolta e per i trattamenti (anche quelli ammessi nel bio). In questi casi l’erba viene sottoposta a continui solleciti e di conseguenza è importante garantire che si mantenga nel tempo. Alcune essenze sono più resistenti di altre al calpestamento, come la graminacea Poa pratensis.
  • La velocità di copertura del suolo e quindi la capacità di competere con specie meno gradite.
  • L’attitudine a migliorare la fertilità del suolo, prerogativa che sicuramente hanno le leguminose come i trifogli.

Quali essenze seminare

Per una migliore biodiversità è consigliato orientarsi su miscugli variegati e ricchi. Tra le graminacee, ad esempio, si prestano bene:

  • Le festuche: soprattutto la Festuca rubra e la Festuca ovina che tendono a garantire nel tempo una buona copertura e richiedono pochi sfalci.
  • Loietto inglese, ovvero il Lolium perenne: cresce in modo rapido e assicura una buona copertura del terreno, anche se poi nel tempo dura poco, al massimo 3 anni.
  • Poa pratensis, che come anticipato sopra resiste bene al calpestamento, anche se inizialmente la sua crescita è un po’ lenta.

Tra le leguminose uno dei migliori trifogli è il trifoglio bianco, ovvero il Trifolium repens. Dura 4 o 5 anni e le sue radici profonde aiutano nel miglioramento del suolo, oltre al fatto che apportano azoto grazie alla simbiosi radicale con il batterio azoto-fissatore.

erba tra le piante da frutto

La semina

La semina del miscuglio da inerbimento può essere fatta a mano, se l’appezzamento è piccolo, con la tecnica a spaglio, camminando e lanciando le manciate di semi sul terreno lavorato, il più uniformemente possibile.

A seconda dei tipi di miscuglio e della prevalenza delle diverse specie, possono volerci 40-50 kg/ha di semi, e quindi in un frutteto di 1000 mq ne basteranno 4 o 5 kg.

Gestione dell’erba spontanea

Alcune specie erbacee crescono in altezza e spigano e possono ostacolare il passaggio tra i filari. Di conseguenza durante la stagione primaverile-estiva un lavoro che si rende necessario è quello dello sfalcio periodico.

Con lo sfalcio però si eliminano i fiori di queste essenze e gli insetti che ne avevano beneficiato fino a quel momento ne restano privi. Per limitare l’impatto di questo lavoro allora è possibile sfalciare i filari in modo alternato, distanziando di un paio di settimana lo sfalcio di quelli diciamo, dispari, rispetto a quelli pari.

L’erba risultante dagli sfalci può trovare diverse destinazioni: foraggio per animali allevati, compostaggio in loco o sul cumulo, pacciamatura per l’orto o per le stesse piante da frutto.

Lo sfalcio dell’erba si può realizzare in vari modi, dal decespugliatore alla trinciasarmenti. Per chi vuole un risultato ottimale anche dal punto di vista estetico, l’impiego di trattorini mulching a raggio zero è ideale.

Risemine

In genere il manto erboso che si forma da una semina di miscuglio tende poi ad essere autosufficiente e le specie, almeno quelle che riescono a completare il proprio ciclo compatibilmente con gli sfalci, si autoriseminano.

Tuttavia, a volte si possono creare dei buchi, per esempio in punti in cui il terreno è più compatto, più soggetto a ristagni o a calpestii o è anche per altre ragioni. Di conseguenza vale la pena valutare delle risemine per avere sempre una copertura omogenea.

Articolo di Sara Petrucci.

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