Il susino è uno degli alberi da frutto che dona maggiori soddisfazioni nella coltivazione, a patto che lo si gestisca bene, con attenzione a tutti agli aspetti e quindi anche alla potatura. Nella famiglia dei susini troviamo varietà della specie europea, varietà della specie cino-giapponese, e varietà siriache e selvatiche che producono comunque frutti eduli.

La potatura del susino presenta alcune differenze tra questi grandi gruppi, ma fortunatamente ci sono molti criteri comuni con cui ce la possiamo cavare senza impazzire dietro a eccessivi tecnicismi anche in un frutteto biologico misto.

il susino: rami e potature

Il susino europeo tende ad avere un portamento assurgente, con rami che crescono in verticale, mentre molte varietà cino-giapponesi hanno una vegetazione più aperta e piangente. Entrambe le specie di susino fruttificano su brindilli (rami della lunghezza di circa 15-20 centimetri), su rami misti e su corte formazioni fruttifere chiamate “mazzetti di maggio”, che a loro volte sono inserite su branche. Il susino europeo tende però a produrre con prevalenza sui mazzetti di maggio, mentre quello cino-giapponese indistintamente su tutti questi tipi di ramo, producendo in abbondanza fiori e poi frutti. Di conseguenza in termini generali la potatura di molte varietà di susino cino-giapponese deve essere più intensa rispetto a quella del susino europeo e questa è già una linea guida nelle differenze tra i due gruppi.

Quando si pota il susino

La potatura del susino in piena produzione si esegue in inverno sul secco e durante la stagione primaverile-estiva sul verde. In inverno teoricamente potremmo potare sempre, tranne nei periodi delle gelate, ma per essere più sicuri conviene aspettare la fine della stagione fredda e verificare gli eventuali danni da gelo alle gemme. Questo ci aiuta a capire quanta carica produttiva lasciare in base a quella effettivamente presente. A sud, dove le gelate probabilmente non arriveranno, aspettare la fine dell’inverno per potare assume un altro significato, legato all’eventuale caduta di gemme a fiore per mancato soddisfacimento del fabbisogno in freddo. Anche in questo caso la potatura verrà fatta in base alla carica di gemme a fiore effettivamente rimaste.

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La potatura di produzione

Taglio dei rami. Potando il susino l’ideale è andare a sfoltire i rami fruttiferi, per evitare il fenomeno dell’alternanza di produzione e per produrre prugne e susine di pezzatura adeguata. Sfoltire i rami significa eliminarne alcuni alla base dove ve ne sono troppi e vicini tra loro. Nella scelta, si preferisce togliere quelli che tendono ad andare verso l’interno della chioma e quelli che si incrociano con altri. Nelle drupacee si possono anche scorciare i rami misti al di sopra della gemma, ma non quelli di un anno, perché ciò li stimolerebbe a vegetare senza dare produzione. Questi rami devono essere lasciati interi, in modo che generino a loro volta mazzetti di maggio, brindilli e rami misti. L’anno successivo si potranno cimare proprio in corrispondenza di queste formazioni fruttifere.

Diradamento dei frutticini. Sul verde, la pratica del diradamento dei frutti riveste un ruolo importante per la costanza produttiva nel tempo. Le piante hanno un meccanismo ormonale tale per cui negli anni di carica diminuisce la differenziazione a fiore delle gemme per l’anno successivo. Il diradamento evita proprio questa alternanza di produzione, a patto che venga effettuato al momento giusto, ovvero poco prima dell’indurimento del nocciolo. I frutticini si tolgono manualmente dopo la cascola naturale, e se ne lasciano uno ogni 6-7 cm di ramo.

Succhioni e polloni. In qualsiasi stagione si eliminano i succhioni, che crescono verticalmente sul dorso delle branche, e i polloni se si formano dal portinnesto. Levare i polloni è fondamentale nelle piante ancora piccole, perché questi rami sottraggono loro molta energia.

La potatura di allevamento

Come per il pesco e l’albicocco, anche per il susino la forma di allevamento consigliata è il vaso, in cui il tronco principale si dirama a 70-100 cm da terra in tre branche aperte rivestite di rami laterali. La pianta allevata in questo modo raggiunge un’altezza di circa 3 metri (variabili a seconda del portinnesto, che di solito è vigoroso), mostra una buona espansione laterale e un’ottima intercettazione della luce all’interno della chioma. Per arrivare a questa conformazione servono almeno 3 anni di gestione accurata della potatura di allevamento fin dall’impianto. Durante la fase di allevamento è importante essere delicati nell’apertura delle branche, perché i susini presentano un certo rischio di scosciature.

Alcune linee guida per la potatura

Per imparare a potare il susino è bene tenere sempre presenti i quattro criteri principali che sono gli obiettivi di questo lavoro di taglio.

  • Mantenimento della forma. Con la potatura intendiamo mantenere la forma voluta. I primi tre o quattro anni dall’impianto sono fondamentali, ma anche in seguito dovremo potare in modo da conservare la forma costruita.
  • Sfoltire per riequilibrare la produzione. Un altro criterio è quello di garantire produzione equilibrata con lo sviluppo vegetativo. Per questo le branche fruttifere devono essere sfoltite e arieggiate. Un buon arieggiamento della chioma è anche premessa per la sua salute.
  • Contenere la dimensione. Non meno importante è lo scopo di contenere lo sviluppo della pianta: le tre branche principali che formano il vaso non dovrebbero superare i 3-4 metri di lunghezza. Questo consente di avere susini gestibili per la maggior parte degli interventi da terra.
  • Eliminare il secco. Infine, la potatura serve anche per eliminare i rami secchi, quelli colpiti da patologie o danneggiati dal vento. I rami malati devono essere allontanati dal frutteto e se possibile bruciati, altrimenti compostati.

Accortezze importanti nel tagliare i rami

La manutenzione degli attrezzi da potatura è importante, e non solo nella loro funzionalità, ma anche nella pulizia. E’ fondamentale disinfettare le lame quando si ha la certezza o anche il dubbio che alcuni esemplari di susini siano stati colpiti da patologie. In questo caso bisogna disinfettare gli attrezzi nel passare dalle piante malate (o presunte tali) a quelle sane.

I tagli devono essere netti ed eseguiti con decisione, senza lasciare sfibrature nel legno. Bisogna lasciare una corta porzione di legno per favorire la cicatrizzazione del taglio. Per evitare che sul taglio si accumulino dei ristagni di acqua nocivi, bisogna inoltre eseguire tagli inclinati poco sopra una gemma. Si lascia anche in questo caso una piccola porzione di ramo sopra la gemma, ma non un lungo moncherino perché questo potrebbe andare incontro a marcescenza.

E’ sempre bene infine ricordare di non tagliare troppo. Una pianta potata energicamente reagisce infatti con una forte vegetazione e l’equilibrio vegeto-produttivo si rompe. Conviene potare regolarmente di anno in anno, ma senza esagerare.

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Articolo di Sara Petrucci

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