Su Orto Da Coltivare abbiamo già parlato della potatura dell’olivo e più in generale della sua coltivazione, secondo i metodi dell’agricoltura biologica. 

Gian Carlo Cappello propone un punto di vista differente, con una potatura che non vuole ingabbiare l’olivo nelle forme d’allevamento teorizzate ma che si limita ad accompagnare la pianta nel rispetto del suo sviluppo e dell’unicità di ogni albero. Lasciamo la parola a Gian Carlo, per raccontarci le riflessioni e i principio alla base del suo approccio, ma anche per dare consigli pratici molto concreti, fino a lasciarci con bellissime suggestioni su questa pianta.

Anche in olivicoltura, come in tutto il comparto agricolo, è necessario azzerare senza preconcetti il groviglio di pratiche complesse, costose e dannose che si sono accumulate nel tempo e che oggi sono consolidate nell’attuale agricoltura. Tra queste c’è una concezione di potatura che vede interventi drastici e forzature, entrando in conflitto piuttosto che rispettare la pianta.

Secondo il mio parere e la mia esperienza, gli aspetti culturali sono paritetici rispetto a quelli colturali, considerando quest’ultimi una loro diretta conseguenza in forma applicativa.

Nei miei seminari sulla cura e potatura “rispettose” dell’olivo propongo un approccio che pone il buon senso come antidoto all’uso psicotico delle tecnologie agricole.

rami di olivo

Due principi fondamentali nella cura dell’olivo

Per comprendere l’approccio rispettoso alla potatura dell’olivo ci sono due aspetti basilari che vanno tenuti presente, le questioni prettamente tecniche e la pratica in campo adottano questi principi.

  • Un terreno secondo natura. Al pari di tutti gli alberi anche l’olivo necessita di un terreno intonso, nel quale le stratificazioni congenite e la copertura del materiale vegetale da essi prodotto consentano la formazione di humus secondo Natura.
  • L’importanza di varietà di olivo locali. In Italia abbiamo un patrimonio di olivi che derivano dalle varietà importate dalla Grecia in epoca romana. Ogni territorio ha modificato le caratteristiche originali, soprattutto morfologiche, tramite un processo di adattamento pedoclimatico che è durato secoli e che

Ferma restando la specificità locale e il ruolo del suolo, l’accrescimento e la produttività dell’olivo sono pur sempre il risultato dei principi basilari della potatura. L’armonizzazione di questi due aspetti risulta determinante per evitare le controindicazioni della “irrispettosa” standardizzazione delle coltivazioni industriali: le lavorazioni al terreno, le irrigazioni, i sesti d’impianto ridotti e le concimazioni esasperano le reazioni della pianta e rendono necessari interventi di potatura avulsi dal secolare processo di adattamento all’ambiente specifico; ne conseguono potature continue e drastiche, annate a produzione discontinua e insorgenza di fitopatologie con gravità crescente.

libro agenda orto

Parlare di potatura senza prescindere da queste constatazioni è fuorviante, riassumendo: bisogna naturalizzare il terreno e, almeno per i nuovi impianti, scegliere varietà di tradizione locale rispettandone l’habitus e concedendo ad esse tutto il sesto necessario.

Come eseguire una potatura rispettosa dell’olivo

In una potatura rispettosa dell’olivo la conformazione assunta dalla pianta non è più il risultato di un condizionamento secondo uno schema rigido (conico, policonico, vaso, spalliera,…) come avviene attualmente, ma risponde alle condizioni e alle caratteristiche individuali e contingenti. In altre parole, nell’insieme della pratica colturale il rispetto per l’individuo prevale sulla forzatura tesa a ricondurlo a forme precostituite.

Per una pianta come l’olivo, che per dare buone produzioni e mantenersi in salute non può essere lasciata crescere senza interventi cesori, questo è il massimo della naturalità. La complessità e invasività delle tecniche attuali e i danni provocati dalle potature, soprattutto in presenza di meccanizzazione, si incrementano a vicenda e credo non sia più rinviabile una semplificazione dell’insieme delle pratiche olivicole.

L’olivo tende ad ascendere sacrificando la vegetazione più bassa e, in parte, quella più interna; quando noi accorciamo o asportiamo le ramificazioni improduttive provochiamo una redistribuzione della forza vitale a tutte le parti della chioma: questo principio è alla base delle scelte di chi pota.

Il contenimento della spinta all’innalzamento si ottiene essenzialmente con la diminuzione del numero di cime, lasciandone una di scarso vigore per ogni branca principale; ciò indurrà alla crescita di ramificazioni sottostanti sia dal pedano (i cosiddetti “polloni”) che nelle parti interne della chioma (i “succhioni”). Ma oltre a questi effetti la scelta e riduzione degli apici stimola il rafforzamento dei rami distali distribuiti nella fascia media della chioma (le “gronde”), quelli capaci di produrre.

In condizioni naturalizzate è sufficiente l’asportazione totale delle ramificazioni basali e interne, con una cernita non invasiva delle ramificazioni esterne la cui selezione è assai facile in quanto quelle uscenti dalle produzioni degli anni precedenti appaiono quasi prive di foglie, soprattutto apicali (vedi illustrazione).

come potare olivo

Il periodo indicato per potare è quello che sta tra la raccolta e la fine del mese di marzo, non oltre. Un intervento di potatura rispettosa può essere praticato con frequenza variabile e non necessariamente ogni anno. Si può tagliare ogni 3, 4 o anche 5 anni, col solo accorgimento di asportare alla base nel periodo estivo i succhioni e i polloni, che non troveremo mai vigorosi.

L’importanza dell’olivo

Nutro sin da ragazzo una particolare affezione verso l’olivo e credo che se noi siamo quel che siamo, almeno in Occidente, ciò sia dovuto proprio alla sua coltivazione. Il termine aramaico Olat significa “antica luce dentro la terra”, attribuzione dovuta all’estrazione dell’olio “lampante” dalla drupa dell’olivo, fonte sicura e durevole di luminosità e calore e probabile inizio dell’emancipazione del genere umano dal terrore delle tenebre, nelle quali l’aleatoria fiamma dei falò e delle torce non dava certezze. Non è quindi un caso che “holon” in greco, lingua dei primi coltivatori dell’olivo su larga scala, significhi “tutto”e forse per questo l’empireo dei Greci non poteva trovarsi altro che sul monte Olimpo.

Come ogni migrante, quando Enea fuggì da Troia portò con sé i propri culti e tra essi piante di olivo dedicate ad Atena. Trovando rifugio alla foce del Tevere ne iniziò la coltivazione in terra italica. Così i suoi discendenti furono gli “o-latini”, gli abitanti “della terra degli olivi”, cioè “l’o-latium”: il Lazio.

Ad Atena dobbiamo la mitica creazione dell’olivo, che lei stessa dona agli Ateniesi e a tutta l’umanità. Nella mitologia Atena è complice di Prometeo in molte vicende e quest’ultimo prelevò furtivamente dal carro del Sole non il fuoco, ma la luce per consegnarla all’umanità. Così i conti tornano. Ed è sotto l’egida di Minerva, acquisizione o-latina di Atena, che i Romani spinsero fino ai confini estremi dell’Impero la coltivazione dell’olivo.

Nella trasposizione dalle lingue antiche la B e la V sono intercambiabili e mi affascina pensare che “o-libertas”, “libertà”, sia lo stato di colui che possiede piante di olivo.

Le parole derivate dal ceppo iniziale determinato dalla pianta dell’olivo e dalle sue attribuzioni sono un’enormità: libagioni, lieve, limpido, lipidi e così via. Vorrei sottolineare tra queste l’importanza per noi moderni del termine “olistico”.

Ma l’attinenza verbale con la pianta dell’olivo e i suoi derivati è presente anche nelle lingue non improntate sul latino, solo per portare alcuni esempi: all, live, life, alive, liebe, … Creata la filologia e l’assonanza ognuno può divertirsi a scoprirne altre: è un territorio vergine.

E per finire vi invito ad unirvi alle mie lodi per l’olivo:

“Su (o)liviam nei lieti calici!”

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Articolo di Gian Carlo Cappello

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