tignola olivoLa tignola dell’olivo è un insetto presente in tutte le zone del mediterraneo. Insieme alla mosca dell’olivo e alla cocciniglia mezzo grano di pepe rappresenta uno dei principali fitofagi dell’ulivo, ed è quindi importante imparare a riconoscerla e a difendere le nostre piante da questo fastidioso parassita.

Questo lepidottero effettua maggiori danni negli oliveti presenti nelle zone marittime del sud-Italia, a causa delle temperature miti e dell’elevata percentuale di umidità relativa, che ne favorisce la diffusione. Tuttavia la densità di popolazione del fitofago raramente supera la soglia di danno che giustifica economicamente interventi di difesa.

Proviamo a scoprire qualcosa in più sulla tignola e soprattutto su come contrastarla e prevenirla con metodi propri della coltivazione biologica.

Caratteristiche della tignola

La tignola dell’olivo (Prays oleae) è un piccolo insetto che appartiene alla famiglia dei lepidotteri. Si tratta di una farfalla che presenta ali di colore grigio argento, con delle macchie nerastre sulle ali anteriori, e un’apertura alare di circa 12 mm. Le dimensioni della larva matura sono di circa 7 mm. L’insetto presenta una colorazione verdastra oppure tendente al nocciola, con delle bande olivastre sulla parte dorsale e lateralmente due bande gialle. La tignola sviluppa circa 3 generazioni ogni anno, i danni che porta sono rispettivamente a carico di fiori (generazione antofaga), frutti (carpofaga) e foglie (fillofaga). Sverna nelle mine fogliari, sulla pagina superiore in corrispondenza della nervatura centrale. La larva segue nella foglia il suo sviluppo attraverso cinque stadi, in ognuno dei quali effettua delle erosioni caratteristiche.

Danni all’uliveto

Le alterazioni causate da questo lepidottero avvengono a carico di fiori, frutti e foglie, come precedentemente accennato.

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Danni della tignola sulle olive

La generazione carpofaga di tignola provoca la caduta dei frutti in due diversi momenti dell’anno (luglio e ottobre), ovvero nel momento in cui entrano all’interno del frutto e quando vi fuoriescono per incrisalidarsi.

Dato che l’olivo presenta diradamento naturale o cascola, in un primo momento, quando le olive sono ancora nei primi stadi di sviluppo, la caduta delle olive dovute all’attacco della tignola potrebbe essere sottovalutata. La seconda cascola dovuta all’attacco dell’insetto avviene proprio in prossimità della maturazione delle olive, quando non è più possibile intervenire con la difesa.

La prima cascola di olive colpisce frutti di piccola pezzatura ancora in via di sviluppo e se la percentuale di danno portato dall’insetto non è troppo elevata può portare persino ad un aumento del peso e della pezzatura delle olive rimaste sull’albero, con un conseguente aumento della resa in olio. I danni causati in seconda battuta dalla tignola invece portano ad un calo sensibile della produzione e quando si verificano è troppo tardi per ogni trattamento.

Danni della tignola su foglie e fiori

I danni a carico delle foglie sono causati principalmente dall’erosione da parte delle larve a carico del parenchima fogliare, con possibile perdita dei germogli nella primavera successiva all’attacco, e dalla malformazioni di varia entità a carico delle mine fogliari. La generazione antofaga invece provoca cascola dei fiori, che si riflettono in un calo di produzione.

Come difendersi dalla tignola dell’ulivo

La tignola dell’olivo è un insetto molto diffuso in tutta la zona del Mediterraneo, anche se può portare danni alla coltivazione di olive spesso si incontra una presenza trascurabile di questo insetto, per cui non occorre intervenire per difesa. Un ambiente naturale con buona biodiversità ha infatti una serie di antagonisti naturali in grado di limitare la presenza dell’insetto. Dove si richiede possiamo comunque attuare una difesa biologica contro questo parassita dell’olivo.

Antagonisti naturali della tignola

Difficilmente la densità di popolazione di tignola causa danni tali da richiedere dei trattamenti, per cui in molti casi non serve intervenire. Generalmente le condizioni ambientali, quali temperature superiori a 30° e bassa percentuale di umidità relativa dell’aria, contribuiscono a limitare la densità di popolazione in modo naturale, provocando la mortalità delle uova e delle larve neonate, così come la presenza di diversi antagonisti e predatori naturali. In letteratura, si segnalano oltre quaranta specie antagoniste della tignola dell’olivo, di questi solo una decina costituiscono un complesso parassitario permanente e solo due sono specifici del genere Prays, il braconidie Clelonus elaphilus SILV. e l’encirtide Ageniaspis fuscicollis DALM. sono in grado di parassitizzare le larve di tutte e tre le generazioni della tignola. T. embryophagum può parassitizzare un numero anche elevato di uova ed è in grado di contribuire a tenere sotto la soglia di danno la densità di popolazione della tignola.

Tra i predatori rivestono una certa importanza il crisopide Chrysoperla carnea e l’emittero antocoride A. nemoralis.

Prevenire la tignola con le trappole

Se la biodiversità dell’ambiente e i predatori naturali sono già un metodo per una difesa spontanea dell’olivo possiamo anche decidere di attuare una prevenzione semplicissima a basso costo inserendo tra le piante trappole alimentari tipo Tap Trap. Si tratta di semplici bottiglie d’acqua con all’interno un’esca “gradita” ai lepidotteri, con un tappo in grado di far entrare gli insetti trattenendoli all’interno. L’esca è realizzabile in proprio con vino, zucchero, cannella e chiodi di garofano macerati 15 giorni.

Le trappole hanno ovviamente lo scopo di attrarre insetti adulti e ridurre in tal modo la popolazione di tignola dell’olivo.

Trattamenti: come e quando difendersi

Il ricorso a interventi di difesa può essere necessario contro la generazione carpofaga, che provoca i danni maggiori in termini di cali di produzione, e del tutto occasionale contro quella antofaga. Tuttavia è opportuno valutare anche la soglia di danno della generazione antofaga, fissata al 10-20% di infiorescenze attaccate. Da osservazioni realizzate nel sud-Italia, si evince che anche nel caso del 32% di infiorescenze colpite, l’incidenza economica dell’infestazione non necessita di interventi di difesa.

Nel caso di superamento della soglia di danno è opportuno intervenire sulla generazione carpofaga con Bacillus thuringiensis, alla schiusura delle uova, quando le larve stanno per penetrare all’interno dei frutti e quindi sono maggiormente esposte all’azione del Bacillus. Bisogna ricordare che in agricoltura biologica non è ammesso l’utilizzo di fitofarmaci di sintesi per i trattamenti.

Articolo di Grazia Ceglia

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