La bolla del pesco è una malattia crittogamica, ovvero causata da funghi, il suo nome è facilmente riconducibile all’aspetto bolloso e deformato che provoca sui germogli, sulle foglie e sui frutti colpiti.
Come possiamo intuire facilmente sempre dal nome questa patologia interessa soprattutto l’albero di pesche, anche se può colpire anche altre drupacee come il mandorlo.
Malattia davvero molto diffusa, la bolla del pesco è capace di danneggiare seriamente sia le piante che l’intera produzione di pesche. Essendo la pesca un frutto comunemente apprezzato da grandi e piccini, il suo albero viene coltivato in maniera intensiva in molte regioni come Campania, Emilia Romagna, Sicilia e Puglia. In queste zone peschicole la bolla diventa un vero flagello, presentandosi in forma epidemica. La malattia può colpire comunque anche singole piante in giardino o piccoli frutteti.
In una coltivazione biologica ci sono diverse strategie per prevenire e contrastare il problema, quello che è fondamentale è essere tempestivi nell’intervento. Per questo vale la pena approfondire sintomi e condizioni in cui le spore patogene proliferano.
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Condizioni ideali per il patogeno
Il responsabile della bolla del pesco è la Taphrina deformans, fitopatogeno appartenente agli ascomiceti. In inverno il fungo è presente sulla superficie della pianta, in particolare sulla corteccia sotto forma di blastospore. I danni li causa prevalentemente in primavera, soprattutto se l’andamento stagionale è molto umido e piovoso e se non sono stati effettuati trattamenti fungicidi preventivi.
Le spore della Taphrina deformans infatti riprendono la loro attività patogenetica a fine inverno, periodo che coincide con la ripresa vegetativa del pesco. Le spore iniziano a moltiplicarsi sui primi germogli in primavera, e germinano solo quando le piante rimangono bagnate per diverse ore ad una temperatura intorno ai 7-8 °C. Per questo motivo bisogna prestare particolare attenzione ai periodi in cui ci sono queste temperature accompagnate da un clima umido o da piogge frequenti.
Le nettarine sono le più sensibili a questa malattia a causa dell’assenza di peluria che rappresenta una naturale barriera per il patogeno. Se le temperature medie sono al di sotto dei 18°C , l’infezione si manifesterà in sole 2-3 settimane, mentre con temperature superiori ai 25°C e con scarsa umidità il processo infettivo si arresterà.
Sintomi: come riconoscere la malattia
La bolla del pesco è una malattia abbastanza semplice da riconoscere, visti i sintomi molto particolari che induce, ben descritti già nel nome stesso della patologia. La sintomatologia di questa malattia crittogamica si osserva su germogli, foglie, fiori e frutti nel periodo della loro crescita.
- Bolle sulle foglie. Le foglie sono le prime a manifestare evidenti bollosità; questi sintomi aumentano con l’avanzamento del tempo, fino ad interessare tutta la superficie fogliare. I tessuti parenchimatici interessati dal deterioramento assumono uno spessore e una turgidità più intensa del normale e si ricoprono di una formazione vellutata biancastra. La pigmentazione diventa rosso-vinosa o clorotica, assumendo un aspetto ceroso. Con il trascorrere del tempo, queste porzioni del lembo fogliare andranno in contro ad una veloce degenerazione fino alla caduta della foglia stessa.
- Escrescenze sui germogli. I germogli manifestano escrescenze carnose, ispessimenti, malformazioni e raccorciamento degli internodi.
- Fiori deformi. I fiori colpiti dal fungo si deformano.
- Escrescenze sui frutti. I frutti colpiti da bolla presentano escrescenze, più o meno ampie, di colore verde molto chiaro oppure sul rossastro. Gli attacchi del fungo sulle pesche non si manifestano tutti gli anni, ma sono strettamente correlati all’andamento climatico e in particolare alle piogge nel periodo post-fiorale.
Come combattere la bolla del pesco
Per combattere la bolla del pesco in coltivazione biologica la prima fondamentale attenzione da fare è nella prevenzione, che si attua con un metodo colturale corretto. In secondo luogo è importante riconoscere la malattia subito e intervenire nel modo giusto quando si identificano i suoi sintomi.
Se pensiamo che il nostro frutteto sia facilmente soggetto in determinati momenti alla bolla conviene programmare trattamenti preventivi. Teniamo però sempre presente che ogni trattamento, anche biologico, può aver conseguenze ambientali, quindi quando possibile meglio evitare di usare fungicidi.
Prevenire la bolla del pesco
La prevenzione comincia evitando la formazione di una delle condizioni in cui le spore di Taphrina deformans proliferano: l’umido. In primo luogo bisogna quindi curare il terreno, evitando ristagni idrici: questi generando umidità favoriscono maggiormente la propagazione della malattia.
Anche le irrigazioni sono da effettuare a terra e non bagnando le parti aeree della pianta, sempre per non favorire l’umido.
Un pesco ben potato è meno soggetto a problemi, visto che la chioma sarà meglio arieggiata e illuminata, con un buon circolo d’aria. A questo scopo potete leggere come potare il pesco.
Trattamenti completamente naturali con decotti o macerati di equiseto aiutano a rafforzare le difese naturali delle piante e sono totalmente ecologici.
Cosa fare se i peschi vengono colpiti
Anche rispettando le precauzioni si può incorrere nella bolla del pesco, in questo caso bisognerà effettuare un’adeguata potatura, il primo obiettivo sarà di rimuovere le parti più colpite, bruciando tutti i rami potenzialmente infettivi.
In ogni operazione di potatura è importante disinfettare gli attrezzi, per evitare di trasferire malattie da una pianta all’altra. Possiamo usare una soluzione di ipoclorito di sodio al 10% o con candeggina casalinga.
Trattamenti contro la bolla del pesco
Se vogliamo prevenire in modo efficace la bolla del pesco possiamo optare per dei trattamenti fungicidi a scopo preventivo, impiegando prodotti consentiti in agricoltura biologica quali il rame. Ecco un possibile calendario di interventi:
- 1° trattamento: Il primo trattamento puramente preventivo è da eseguire a Novembre; deve essere effettuato a fine caduta delle foglie ed è mirato a neutralizzare le spore di Taphrina deformans presenti sulla pianta. L’ossicloruro di rame è il principio attivo del prodotto da utilizzare. Questo primo trattamento biologico è di grande importanza e può essere effettuato in un’unica soluzione o in due interventi. Nel caso in cui si voglia fare solo un unico trattamento si potrà utilizzare un prodotto contenente ossicloruro di rame al 50%. Nel caso in cui si decida di fare due interventi (l’uno a 20 giorni dall’altro) si utilizzerà un prodotto con ossicloruro di rame al 35%.
- 2° trattamento: Il secondo trattamento va effettuato a fine inverno (nel periodo che va da fine Gennaio a metà Febbraio), con la fase d’inizio rottura delle gemme a legno e solo in previsione di abbondanti precipitazioni; infatti, con queste condizioni, inizia l’attività patogena della Taphrina e subito andrà effettuato un trattamento con ossicloruro Cu al 35%.
- 3° trattamento: Occasionalmente, solo nelle annate in cui si verificano precipitazioni abbondanti due o tre settimane dopo la rottura delle gemme, potrebbe essere necessario un terzo intervento nella fase di bottoni rosa (a gemme gonfie) poiché il fungicida applicato a fine inverno non sarà più in grado di proteggere la pianta. Ricordatevi però che in questa fase della pianta, in agricoltura biologica, non si possono utilizzare prodotti contenenti rame; in alternativa può essere utilizzato il bicarbonato di potassio oppure polisolfuro di calcio (2%) fino a fine aprile.
Durante i trattamenti ricordate sempre di indossare i guanti, la mascherina e una tuta monouso: il fatto che un prodotto fungicida sia consentito in agricoltura biologica non significa che non abbia tossicità.
Articolo di Ivana Lombardini in collaborazione con l’agronoma Rosalia Viti
Quando scrivi : Ricordatevi però che in questa fase della pianta, in agricoltura biologica, non si possono utilizzare prodotti contenenti rame….intendi che non è opportuno per motivi di sicurezza alimentare dei frutti o che è decisamente vietato dalla legge. So che esistono prodotti ad effetto sicuro contro la bolla ma assolutamente a rischio per la salute del consumatore che necessitano di patentino. Mi spieghi meglio ? Grazie e complimenti per l’ottimo trattato
Ciao Mauro. Il rame ha un periodo di carenza, che trovi indicato sulla confezione del prodotto. Quella è l’indicazione relativa alla sicurezza alimentare ed è la prima cosa da rispettare. Il rame è comunque un prodotto che ha implicazioni sull’ambiente e che ha una sua tossicità, ad esempio trattare con il rame però può interferire con l’attività degli impollinatori, per questo la normativa che regola l’agricoltura biologica impone alcune restrizioni sul suo impiego. Ti consiglio di attenerti alle indicazioni in ogni caso, che sono di buon senso.
C’è solo cosa fare in modo preventivo non come curare la bolla del pesco come dice il titolo…
ciao Alberta. Non ci sono rimedi che guariscano le parti di pianta malata, in agricoltura biologica si punta sulla prevenzione e se si verifica la malattia si opera per isolare le parti malate ed evitare che il contagio dilaghi. Se leggi il paragrafo “Cosa fare se i peschi vengono colpiti”, quello è ciò che devi fare. Non c’è scritto di più perché non ci sono cure.
Incompleto perché non mi dice la cosa essenziale cioé quando compare la malattia cosa posso fare?
ciao Pietro, il fatto è che per bolla non ci sono rimedi bio curativi, quindi è fondamentale agire per contrastare la diffusione e fermare lo svernare del patogeno. Quello che chiedi (una soluzione per piante colpite pesantemente) non lo trovi perché non c’è rimedio che non sia un blando contrasto.
Sono un amatore della coltivazione biologica e mi fa piacere condividere con voi le mie esperienze. Per la bolla delle drupacee ho avuto dei risultati sorprendenti con la spruzzatura di bicarbonato di sodio 5 gr/l + qualche goccia di detersivo per piatti prima e dopo le pioggie. Questa soluzione si è dimostrata mediamente efficace anche contro la monilia e corineo. Confermo che le foglie già infettate non regrediscono, si arrossano, poi ingialliscono e cadono spontaneamente lasciando però il posto a giovani germogli perfettamente sani che bisognerà però mantenere tali con successive applicazioni mirate. Appena aumentano le temperature diurne e soprattutto notturne il problema diminuisce sensibilmente fino quasi a scomparire. NB: se contate di utilizzare spesso questo rimedio preventivo potete anche ridurre a 2 gr/l per evitare la eccessiva acidificazione del terreno o con una spesa superiore usare il bicarbonato di potassio.
Grazie Lors, confermo che meglio possibilmente il bicarbonato di potassio. Piccola correzione, non si acidifica il terreno, ma viceversa si rende basico.